Il Supporters Trust in Italia
Molto spesso, quando si sentono alcune terminologie di matrice anglosassone, ci si illude di avere a che fare con qualcosa di nuovo, importato dall’estero e per questo, magari, di dubbia affidabilità.
Niente di più sbagliato, almeno nel caso del Supporters Trust, o Trust dei tifosi o, meglio ancora, azionariato popolare, pratica diffusa nel mondo sportivo, che possiamo definire come la trasmissione della proprietà azionaria nei confronti dei tifosi, che assumono il doppio ruolo di sostenitori ed investitori.
Essere tifoso può significare tante cose: andare allo stadio, sostenere la propria squadra, ma anche, da qualche tempo, esserne un piccolo dirigente, in proporzione alla quota sottoscritta.
Nella pratica, si assiste all’organizzazione in associazioni o cooperative di tifosi, che hanno, fra gli scopi sociali, quello di acquisire delle quote societarie del club di riferimento.
Da un punto di vista giuridico, in primo luogo, è importante non confondere il modello di Supporters Trust, che ha natura tipicamente associativa, con l’istituto del Trust, anch’esso di natura anglosassone, ma con natura e finalità molto differenti.
Tanto premesso, si tratta di uno strumento giuridico che, in un’epoca di dissesti economici e società con i bilanci sistematicamente in rosso, offre ai club una valida alternativa di sopravvivenza, proprio per mano dei tifosi, autentico patrimonio delle società sportive.
Attenzione, però. Non si tratta di organismi a scopo di lucro, ma di enti no profit, che si impegnano a reinvestire o portare a riserva gli eventuali utili realizzati.
La gestione autonoma da parte dei tifosi fa sì che l’intera organizzazione venga improntata alla massima democraticità e trasparenza, oltre che ad una apertura pressoché totale nei confronti di qualsiasi sostenitore della squadra di riferimento.
Se uno degli scopi del Supporters Trust è senza dubbio quello di aumentare l’influenza dei tifosi all’interno dei club attraverso una partecipazione più attiva alla vita finanziaria della società, non va dimenticato che queste organizzazioni si sono diffuse già da qualche decennio in Inghilterra, come contrappeso e strumento per la risoluzione della crisi finanziaria dei club stessi, com’è avvenuto, per fare qualche esempio, per il Chesterfield, il Lincoln City e lo York City.
Di questi tempi, d’altronde, lo sport è solo uno dei campi in cui si risentono i contraccolpi di modelli finanziari ormai non più sostenibili.
Quali sono gli esempi più famosi di Supporters Trust?
Anche se finora abbiamo fatto riferimento all’Inghilterra, è dalla Spagna che arriva l’esempio di azionariato popolare più noto al mondo: il Futbol Club Barcelona è interamente posseduto dagli oltre 170.000 soci che, accanto ad uno straordinario sentimento di appartenenza al club, hanno costituito una forma di partecipazione societaria senza eguali.
La società catalana, inoltre, rappresenta la classica eccezione che conferma la regola, trattandosi, il club blaugrana, di una delle società più ricche al mondo e quindi, in linea teorica, tutt’altro che bisognosa dell’aiuto economico dei tifosi.
Tornando in Italia, in questi giorni è assurto agli onori delle cronache l’esempio della Carrarese, che ha lanciato il proprio Supporters Trust, con un promotore d’eccezione - Gianluigi Buffon - già proprietario del club toscano.
L’iniziativa vuol seguire l’esempio di realtà come Piacenza, Ancona, San Benedetto del Tronto e Taranto - per citarne alcuni - laddove i tifosi si sono organizzati in modo tale da sostenere le società di appartenenza, ora detenendo una partecipazione nel capitale sociale, ora avendo un proprio rappresentante nei rispettivi consigli di amministrazione. Senza contare che, in alcuni casi, i tifosi hanno acquistato il marchio all’asta fallimentare o rifondato la società, all’indomani del fallimento.
Accanto ad una visione, per così dire, romantica del rapporto fra i tifosi e le società di calcio, con questi nuovi, ultimi baluardi del senso di appartenenza ai colori sociali, rimane lo spazio per una considerazione finale, di carattere più pratico, ma non per questo meno attuale.
La promozione dello strumento dei Supporters Trust, come teorizzato da alcuni studiosi, potrebbe rivelarsi, fra le altre cose, uno straordinario deterrente alla violenza negli stadi, dal momento che, chi è coinvolto finanziariamente, oltre che emotivamente, nella gestione di un club, non andrebbe mai a compiere atti potenzialmente lesivi degli interessi della società stessa, poiché, così facendo, non farebbe altro che danneggiare sé stesso.
Un motivo in più per favorire il coinvolgimento dei tifosi nelle sorti economiche (oltre che sportive) dei club, nell’ambito di un sistema che, da una parte, renderebbe l’esperienza dei sostenitori più viva e diretta, dall’altra, costituirebbe una valida alternativa alla gestione finanziaria delle società di calcio, con potenziali ripercussioni positive anche nella gestione dell’ordine pubblico.